La Crescia d’La Stacciola del Comune di San Costanzo (PU)
Per comprendere il valore del forno comunitario di Stacciola (frazione del Comune di San Costanzo, in Provincia di Pesaro e Urbino), bisogna tornare indietro di almeno settant’anni, quando intorno alla metà del Novecento la società rurale di questo piccolo borgo marchigiano era ancora un sistema autonomo. Un insieme profondamente basato sulla comunità locale e su forti legami di solidarietà che, per l’esiguo numero di abitanti, non permetteva ad un fornaio di poter sostenere la sua famiglia con questo mestiere.
Appare chiaro, quindi, come il forno pubblico fosse strategico per la collettività. Citato in alcuni documenti già nel 1700, veniva usato una volta a settimana per permettere alle famiglie locali di cuocere il pane. Un preciso calendario ne scandiva l’utilizzo: prevedeva, a turno, di essere gli ultimi a beneficiare di un forno già caldo per risparmiare legna. Una storia di sussistenza e di cultura contadina che non ammetteva errori: la cottura ottimale del pane era, infatti, decisiva per permettere alle pagnotte di conservarsi una settimana. Così, per capire quale fosse il momento più giusto per infornare, si provò a cuocere anche una piccola parte dell’impasto che dalle famiglie locali veniva arricchita con pochi semplici ingredienti come cipolla, sale, olio e rosmarino o con zucchero, per i più piccini. Nasce così la Crescia d’La Stacciola che torna oggi a nuova vita dopo essere stata quasi dimenticata a causa dei cambiamenti sociali e alimentari derivanti dallo spopolamento del borgo avvenuto a partire dai primi anni Settanta. «…Grazie all’impegno della sua comunità, dal 1987 è protagonista della locale sagra estiva e dal 2014 è censita nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Marche…» racconta Stefano Goffi, profondo conoscitore della storia di questo prodotto e storico rappresentante della Pro Loco di Stacciola.
Riaffermata territorialmente, la crescia conserva gli ingredienti e le modalità di preparazione di un tempo: farina di grano tenero, acqua e lievito sono impastati rigorosamente a mano con strutto, sale e un pizzico di zucchero. Una volta lavorato l’impasto viene suddiviso in tante pagnottelle che, stese con il mattarello (“el rasagnol”), sono poste in teglie monodose. «…Solo allora la pasta viene punzecchiata con una forchetta per evitare gonfiori e pizzicata manualmente per ottenere i classici “ingranaggi” (per questo è nota anche come Crescia Sa I’ngranagg), utili per permettere al condimento di depositarsi nelle fossette rispettando così la tradizione di sfornare cresce croccanti fuori e morbide dentro…», confessa l’esperta Palma Rossi. Dopo la lievitazione l’ultimo atto prima della cottura prevede il condimento con gli ingredienti di un tempo: sale, strutto e rosmarino o cipolla, sale, pepe e olio EVO. Due proposte per uno stesso destino: quello di finire in forno. In circa tre minuti le cresce sono pronte grazie al forte calore sprigionato dai tralci di vite (raccolti ogni anno al termine delle potature), da sempre impiegati per garantire una cottura ottimale, capace di donare un particolare aroma e sottolineare l’antica cultura contadina del riuso. Saper gestire il forno è quindi affar serio: occorre controllare i tempi e preservare le temperature per le successive infornate. Sembra facile, ma non lo è. Così prima di cuocere le cresce la tensione è palpabile. Poste su una lunga tavola in legno, le teglie sono trasportate con cura fino all’ingresso del forno che, una volta aperto, dovrà far appello alle doti di rapidità e coordinamento degli addetti per non perdere la temperatura. Poco dopo, dorate e croccanti, le cresce saranno pronte per allietare il palato dei fortunati avventori. Il profumo avvolgerà velocemente il paese facendo sentire i presenti parte di una comunità unita dove impegno, tradizioni e senso di appartenenza sono principi condivisi che guidano nella sfida verso il futuro questo piccolo borgo ricco di storia e cultura.
Pro Loco Stacciola
Loc. Stacciola – San Costanzo (PU)
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