Ben prima che i riflettori mediatici iniziassero a versare fiumi d’inchiostro dedicati ai cosiddetti prodotti tipici, nell’Ottocento, nel Tortonese, ovvero la parte del basso Piemonte che si affaccia quasi alla Lombardia, si consumava una delle epopee più straordinarie della salumeria italiana. Tra il 1889 e la Fin de siècle ai salami prodotti nelle Valli Curone, Grue e Ossona (nell’attuale provincia di Alessandria) venivano infatti assegnati numerosi riconoscimenti a livello internazionale. Fino ai primi anni del Novecento sono molteplici le testimonianze di quanto fossero apprezzati e premiati i salami di quelle valli: ad una richiesta della locale Camera di Commercio per l’elaborazione delle prime statistiche del Regno d’Italia, il sindaco di Tortona informa che la principale specialità gastronomica del comprensorio tortonese sono proprio i salami; all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1889, in occasione del centenario della Rivoluzione Francese, il salame viene premiato con diploma e medaglia d’argento; ad Anversa e a Bruxelles, negli stessi anni, l’insaccato ottiene riconoscimenti ed onorificenze. È così che ai pranzi ufficiali di governanti ed aristocratici dei primi del Novecento l’autentico divo della tavola risulta il giarolino, una sorta di cacciatorino che incontra largo favore anche presso la corte sabauda. La volontà sin da allora conclamata di evocare il Monte Giarolo, baluardo delle tre valli, coincide con la stessa necessità di legare il prodotto ai princìpi ed alle abitudini del territorio.
Solo più di recente è invece entrato a fare parte del vocabolario dei buongustai il termine Nobile del Giarolo, nobile perché elaborato partendo dalle parti più costose e prelibate del suino: la coscia, il filetto e la lonza per la parte magra e gola e pancetta per le parti grasse. Ma non finisce qui. Infatti, a rendere il salame davvero unico, è anche l’origine della materia prima: gli animali sono allevati allo stato semibrado (quindi con l’assenza totale di somministrazione di mangimi e antibiotici) e raggiungono, a differenza dei loro colleghi che crescono nei recinti industriali, la stazza di un paio di quintali, con la carne soda e particolarmente profumata.
Di solito le aziende, familiari o artigianali, acquistano i lattonzoli per allevarli in proprio ed essere sicuri dell’alimentazione dell’animale. Vi sono alcuni che invece si procurano la materia prima presso allevamenti in zona, che garantiscono comunque le caratteristiche volute alla carne. I norcini locali ne esaltano le peculiarità aggiungendo solo poco sale, pepe in grani ed un infuso di aglio e vino rosso. Tant’è che la lavorazione degli insaccati, quantunque domestica, è sempre stata, nell’ambito di queste zone collinari e montane, una tradizione strettamente connessa alla qualità dell’ambiente e alla genuina conduzione del territorio. Ancora oggi le diverse fasi di lavorazione sono interamente manuali: la mondatura, la macinazione, l’insaccatura e la legatura con spago a maglia fine. Macinata a grana grossa, la carne risponde ancora meglio alle prerogative di sapidità che si son dette. La pasta viene insaccata in budello naturale di scrofa, legato a mano e fatto stagionare in apposite cantine, spesso ancora con il pavimento in terra battuta per garantire che il salame assuma i profumi del territorio ancora poco antropizzato. Vengono comunque bandite le celle di stagionatura climatizzate, che, a detta dei produttori, non conferirebbero la stessa fragranza al Nobile del Giarolo, in pratica la stessa differenza che corre tra soggiornare in un ambiente con l’aria condizionata ed in una casa di campagna all’aria aperta percependo l’alternarsi delle stagioni. Sarà semmai il gioco di apertura/chiusura delle finestre a garantire il corretto ricircolo d’aria, la temperatura e l’umidità adatte a seconda dello stato di maturazione del salume. Dopo un periodo che può variare tra 4 e 18 mesi a seconda della pezzatura, la caratteristica muffa bianca (piumatura è il termine corretto) dà il segnale che il salame è pronto per essere affettato. Prima di gustarlo durante le lunghe serate autunnali, accanto ad una bottiglia di vino Barbera, va segnalata l’avvertenza di spazzolarlo con morbide setole facendo attenzione a non danneggiare l’integrità del budello. E che la fetta non sia più sottile di un dito!
Della dozzina di produttori, io segnalo:
Macelleria Lino Arsura
Via Dusio, 16 Gremiasco (Alessandria)
Telefono 0131787130
Azienda Agricola Da Pina
Via Borghetto, 16 Molo di Borbera (Alessandria)
Telefono 014369428